Mi sono sempre detto che l’amore non è raccontato in maniera appropriata. Quando ci si innamora si usa l’espressione “farfalle nello stomaco”. Non mi torna. Non corrisponde alla mia esperienza. Se l’amore provoca qualche sensazione fisica, è come un brulicare in tutti gli organi interni, divorante e fastidioso. Altro che farfalle nello stomaco, è come avere degli insetti dentro. Da qui il titolo di “Bugs-Gli insetti dentro di me”, uscito il 4 ottobre per Green Moon Comics. Potete acquistarlo qui.
Vi propongo l’intro al volume in una versione leggermente più estesa:
Era il 2011.
Un altro mondo editoriale, un altro mondo in generale.
Da qualche anno avevo cominciato a pubblicare fumetti (o se preferite, “graphic novel), romanzi e antologie di racconti, a scrivere corti sui set dei quali lavoravo anche come runner (l’ultima ruota del carro, in gergo “quello che tira i cavi”, o “Alessandro appena arrivato sul set de Gli occhi del cuore”, se preferite).
Dire che avevo le idee confuse è un eufemismo.
Nella mia testa facevo fumetti che avrebbero dovuto occupare negli scaffali lo stesso punto dei film di David Lynch, David Cronenberg e Takashi Miike (bizzarramente, erano più o meno gli stessi riferimenti della “Bizarro Fiction” che nasceva in quegli anni, e credeteci o no, avevo fatto i miei ragionamenti senza saperne nulla e scoprendolo solo dopo). O idealmente quelli occupati dalle opere di William Burroughs e Julio Cortàzar (spoiler: non è mai lo stesso scaffale, fosse solo per la differente provenienza geografica). Tante parole per dire che la lettura di Exterminator! di Burroughs, di Bestiario di Cortàzar (in particolare di Circe) assieme alla visione di The Naked Lunch di David Cronenberg e la passione per i film di Yakuza di Takashi Miike hanno avuto senz’altro un ruolo importante nella creazione di Bugs-Gli insetti dentro di me. Ma chiaramente scrivere non significa solo ispirarsi e citare (sarebbe come dire che basta mescolare La sposa in nero di Truffaut e Lady Snowblood di Toshiya Fujita e si ottiene Kill Bill. Non è così). E comunque al mix aggiungeteci l’Ulysses di Joyce.
Anche se il mondo pare essersi svegliato solo recentemente da una certa indifferenza nei confronti dei problemi ecologici del pianeta, nel 2011 era già abbastanza chiaro che stavamo precipitando verso una condizione assolutamente critica per la sopravvivenza della razza umana: e una delle questioni che più mi dava da pensare erano il consumo di carne e l’inquinamento degli allevamenti intensivi. Avrei potuto benissimo mettermi a scrivere un graphic novel educational in cui con dati alla mano spiegavo i problemi derivanti da questo sistema di produzione di cibo tipico del mondo occidentale. Ma una cosa mi colpì, nelle mie ricerche: due miliardi di persone mangiano quotidianamente insetti, una fonte di proteine a bassissimo impatto di inquinamento. Da occidentale privilegiato, ho subito pensato che… a me gli insetti fanno senso e fanno schifo, e come avrei potuto mangiarli ogni giorno?
Ecco, come scrivevo qualche riga prima, invece di fare un fumetto (ops, non ho scritto “graphic novel”) serio e documentato sull’argomento, ho provato ad affrontare questo tema partendo dal presupposto (no, l’analista mi dice che non sono paranoico) che gli insetti avrebbero potuto non gradire la loro promozione a fonte proteica primaria nelle nostre diete.
Il resto è storia, o meglio follia: all’epoca non avevo ancora letto Exterminators della Vertigo (e quando lo feci anni dopo, mi resi conto che – fortunatamente – andava su binari totalmente diversi) e questo bizzarro fumetto di disinfestatori che si comportano come un clan di yakuza, che è anche una storia d’amore, d’azione, una commedia, un body horror, insomma un mix di generi prima che il mix di generi fosse cool, venne pubblicato, devo dire – ci sto ridendo su, niente panico – nell’indifferenza generale. Tranne che per il premio Boscarato al miglior esordiente meritatamente vinto da Fabio Babich, superbo disegnatore e interprete grafico di “Bugs-Gli insetti dentro di me.”
Infatti questa storia è anche la storia dell’esordio di Fabio Babich, all’epoca giovane autore non ancora esordiente che avevo casualmente incontrato al festival di Angoulême perché aveva perso un treno a causa delle abbondanti nevicate dell’epoca. Dopo avere dato un’occhiata al suo book (eccezionale) gli dissi, serissimo: “Collabora con me e ti farò pubblicare.” Se la memoria non mi inganna, lo sguardo che mi lanciò Fabio fu quello che si riserva ai pazienti fuggiti da una casa di cura psichiatrica in attesa che arrivi l’ambulanza a prenderli. Ma per una volta, fui di parola. Fabio esordì e per il suo lavoro su Bugs fu addirittura premiato.
Era il 2011. Era un altro mondo e io e Fabio eravamo due persone diverse: pensare che oggi questo fumetto sia l’opera di “due autori Bonelli” (se qualcuno volesse dire “affermati”… quello non sarò certo io, ma non sarò nemmeno io a impedire a qualcuno di dirlo) mi provoca una strana sensazione. Non ultima quella di avere scritto e disegnato non uno dei tanti fumetti “usa e getta” che hanno popolato in questi anni le librerie italiane, ma di avere scritto qualcosa che avesse sufficiente valore da meritare una nuova edizione, un vero e proprio director’s cut con due “finali alternativi” apparsi in origine sulla nuova versione di “Splatter”.
Oggi come allora, mi rendo conto che sia una lettura per poch* ed è nato e resterà di nicchia. Non importa. Questo mi dà molto meno fastidio oggi che so chi sono che allora, quando ancora ero perso e usavo la scrittura come terapia.
Grazie a Green Moon Comics quindi per avere dato una seconda vita a un fumetto forse troppo in anticipo sui tempi, e che oggi forse è ancora più attuale.
Ho la prima edizione! Ho la prima edizione!