Every day is the end of the world as we know it
(titolo in inglese che non c'entra nulla per darmi un tono, ma sarà tutto in italiano. Per ora.)
Perché una newsletter?
Un po’ perché negli USA gli sceneggiatori di fumetti cool lo fanno tutti (come se fumare e bere molto aiutasse a scrivere come un geniale scrittore tabagista e alcolizzato).
Un po’ perché ha senso avere una forma di comunicazione privata e diretta con chi è davvero interessato a leggerti senza disperdersi nell’oceano dei vari social (un po’ di utenti hanno abbandonato Twitter dopo l’ offerta di acquisto da parte di Elon Musk che come primo provvedimento ha annunciato la rimozione del ban a Trump. Nel frattempo Tesla è scesa in borsa. Dopo Musk ha annunciato che l’accordo è sospeso. In ogni caso se “abbandonare Twitter” è stato un gesto di protesta, la quantità infinitesimale di persone che l’hanno fatto ci suggerisce perché non riusciremo a fare nulla di concreto contro il cambiamento climatico e ci estingueremo: non riusciamo a rinunciare a nessuna delle nostre abitudini acquisite, anche la più futile, e del resto il nostro cervello non è predisposto a reagire a una minaccia astratta e non immediata. Anche se in realtà solo 90 aziende producono i 2/3 delle emissioni inquinanti del pianeta, quindi forse il problema è solo il capitalismo, ma anche a quello pare che non riusciamo a rinunciare. Uh, prima digressione ed era appena iniziata l’intro).
Un po’ per fare qualcosa di nuovo.
Un po’ per costringermi a essere disciplinato nel mio output anche se in realtà sarà sicuramente aperiodica.
Ma il motivo principale è che mi piace avere un archivio delle news interessanti sugli argomenti più disparati che leggo qua e là. Quindi: squallido egoismo.
Hard times for entertainment?
Detto questo, impossibile non pensare ossessivamente alle conseguenze del calo di abbonamenti e del successivo crollo in borsa di Netflix: tra cui i rischi di non sostenibilità a lungo termine dello SVOD (eppure esisteva il precedente per cui un musicista guadagna pochi dollari/sterline dopo milioni di ascolti su Spotify, quindi forse non dovremmo essere sorpresi? A parlare post hoc siamo tutti bravi…), tensioni a Hollywood (che fare quando si è tutti follower di un modello economico che forse si è dimostrato non così vincente, tanto da eliminare il budget che serve a far stare gli scrittori su set e in sala montaggio, e quindi di fatto impedire la formazione di nuovi showrunner?) e il probabile prossimo momento d’oro dell’AVOD (Netflix ha già pronta anche questo opzione).
Tuttavia il fatto che Disney+ abbia guadagnato ancora più abbonamenti di quanto previsto da Wall Street potrebbe far pensare a una semplice redistribuzione delle scelte di abbonamento, cioè che la scelta obbligata di dover selezionare gli abbonamenti streaming cominci con molta decisione a orientarsi verso macroprofilazioni di esigenze (Disney + molto gradito da famiglie con figli) o di gusti (si preferisce il pacchetto di IPs di Disney/Pixar/MCU/Star Wars/ABC o quello di Warner Bros/HBO?). Si tratterà di capire se le offerte di lavoro si moltiplicheranno o si ridurranno (more of this later), anche perché il processo di M&A (Mergers and Acquisitions) continua, con case di produzione che comprano altre case di produzione, un processo che forse è arrivato al suo picco (attenzione a quello che viene detto nel finale dell’articolo, quando si parla di timori che gli streamer non possano assorbire tutto il contenuto che viene prodotto - il calo di abbonati e il crollo in borsa di Netflix pesa di più della crescita di Disney+, quindi? Bizzarro- e ricerca di contenuti docu che hanno costi minori).
Mi piacerebbe capire quale sia il sistema di revenues degli audiolibri per editori e autori per capire se il +35% di Storytel nel primo trimestre dell’anno confermi quanto sto dicendo.
Nel frattempo, in USA, cancellati 17 show sulle reti generaliste in 48 ore, un record. Il commento “Absolutely brutal” direi che è on point, ma cercando di razionalizzare e leggendo anche i commenti di sceneggiatori e showrunner su Twitter un’ipotesi è che si tratti dell’accumulo di due anni di chiusure preventivate, solo che quelle dell’anno scorso, per ragioni legate alla situazione derivante dal Covid, sono state sospese o rimandate.
Che altro succede? Davide Bonelli chiede ai lettori di acquistare gli albi sempre nella stessa edicola (e non abbiamo neanche incominciato a vedere gli effetti degli aumenti di carta ed energia), che comunque sono diminuite dalle 39.000 (altri dati mi dicono 36.000) del 2001 alle 14.500 attuali. Chiaramente proporre soluzioni da fuori è facile, ma di fatto il passaggio dalla capillarità fisica delle edicole (ancora imbattibile contro 300 fumetterie e 3.400 librerie di varia, dove comunque il formato Bonelli non si venderebbe) al digitale, probabilmente con formula di abbonamento, è un po’ in piccolo il dilemma di fronte a cui si trovano tutti i produttori di contenuti: al momento entrambe le opzioni sono insoddisfacenti, e non è detto che la combo risolverà i problemi in corso. Momenti duri per l’entertainment, in generale.
Probabile che diventino ancora più nette le tendenze in corso, ovvero difficoltà di lanciare nuove IP in generale (anche perché la corsa all’IP sicuramente adesso rallenterà, almeno in USA. In Italia non produciamo abbastanza IP forti quindi continuerà quello strano trend di basarsi su romanzi anche non eccelsi pur di avere un’IP in apparenza consolidata per proporre serie tv) e concentrazione sulle IP consolidate e “safe”. Ma a questo potrebbe sommarsi un calo dell’offerta e di conseguenza meno opportunità di lavoro per chi scrive/dirige/ecc. [Per altro, quando devi scrivere un’IP consolidata… ormai quanto ti devi documentare? Certo, puoi leggere le storie essenziali, ma quali e quante sono? Un’infinità. Alcune sono nate a fine anni ‘30/inizio anni ‘40 (i personaggi DC), altre nei 60s (Doctor Who, personaggi Marvel, Star Trek) o nei ‘70 (Star Wars) e così via... Ma a prescindere, anche per prodotti più recenti… se non hai seguito con attenzione ogni uscita in ogni media dei Transformers, dei Power Rangers o delle TMNT (di Dampyr, di Zagor o di Tex, se vogliamo rimanere in ambito italiano), quanto impegno/tempo/investimento in denaro dovresti metterci per partire da zero a documentarti, anche se sei stato incaricato di un reboot e quindi di immaginare da zero l’IP per i nostri tempi? Troppo, non c’è ritorno sull’investimento (forse se sei un top player hollywoodiano). Per certe properties solo chi ne è nerd da una vita è attrezzato per la scrittura “deep”, e quando l’autore non conosce bene la materia, tralasciando le proteste dei fan hardcore - a cui incredibilmente le aziende prestano comunque attenzione - di solito il prodotto non funziona, perché se ne tradiscono i presupposti fondamentali. Il geek diventato autore come custode e prosecutore della continuità della cultura pop. Posto che qualcuno sia contento di coltivare personaggi, si decide di diventare un professionista solo per raccontare di personaggi altrui? …manca un terzo atto a questa riflessione, sembra un episodio di Twilight Zone.]
Quindi? Almeno in Italia anche nel breve-medio periodo fare un cortometraggio, un graphic novel, o nei casi più fortunati un romanzo o un film sarà un modestissimo gesto di resistenza e di biodiversità culturale, che poco avrà a che vedere con la creatività intesa in senso professionale (cioè come mestiere con cui mantenersi).
I Webtoon sopravviveranno, ma anche se stanno arrivando in Europa, diventano redditizi in percentuale davvero minima (la situazione migliora se si è sudcoreani, ma è sempre un super terno al lotto col carpiato azzeccare il prodotto che fa milioni di views e che magari viene trasposto in drama).
Negli USA i fenomenali Pilkey e Telgemeir fanno mezzo milione di copie a volume ma chissà cosa leggeranno i loro giovani lettori quando cresceranno (temo che non andranno nelle pochissime fumetterie, per altro presenti quasi esclusivamente sulle due coste).
In Francia un libro su quattro venduto è un fumetto, ma un fumetto venduto su due è un manga. Decisioni difficili anche per i cugini d’oltralpe, quindi, nonostante le ibridazioni/contaminazioni col manga messi in atto dalle nuove generazioni di autori (lo so, lo so, c’è stato il caso Last Man: ma Balak, Sanlaville e Vives sono mostri fuoriclasse in grado di produrre centinaia di pagine all’anno grazie alla ricerca di uno stile super sintetico e un’esperienza nei cartoni animati di lungo corso. Un workflow come il loro non è facilmente replicabile. Ah, è partito il crowdfunding per la seconda stagione del cartone animato).
I manga in Giappone e a livello globale grazie agli anime saranno gli ultimi a dirci ciao.
Sul lungo periodo, a quel che accadrà con molta probabilità Margaret Atwood ci era già arrivata con la trilogia di MadAddam (in sintesi nel futuro da lei immaginato l’entertainment diventa un prodotto di piattaforme gestite da intelligenze artificiali all’interno delle quali si riversano contenuti già esistenti, per lo più user generated, e viene creato un contenuto secondario secondo parametri, per esempio di genere, prestabiliti. Le professioni legate alla creatività in questo futuro non esistono più: nel mondo reale tranne fenomeni imprevedibili non è escluso che ci arriveremo tra poche decine d’anni).
Fumetti e attori
Oh, dopo BRZRKR con Keanu Reeves per Boom!, anche Oscar Isaac lavora a un graphic novel (con Legendary) con l’evidente intento di creare un ‘IP che possa essere sviluppata in audio video MA con un talent già attached che rende il packaging già interessante per un produttore: tendenza che avevo intuito anni fa e che con tutta probabilità diventerà un micro trend in ascesa.
Domanda: nessuno ha contatti con un’agenzia seria che rappresenta attori US da contattare per offrire un service di produzione di comicbook/graphic novel ad attori che magari hanno un progetto a cui sono affezionati? Sarebbe un business interessante. Maybe.
Progetti in uscita (cioè che escono sicuramente):
Quello che chiameremo ProjectDoubleM (gli autori cool statunitensi usano nomi in codice per i progetti non ancora usciti ufficialmente, mi adeguo) apparirà su una rivista periodica italiana, sto revisionando l’ottavo e ultimo episodio, non ho idea di quando uscirà (ma non lo promuoverò e se riuscirò a trasformarlo in altro come da progetto iniziale, si capirà il perché. Altrimenti ne parlerò se mai uscirà in volume. Sempre tutto obliquo, con il sottoscritto).
Nathan Never/Justice League: ultimo giro di revisione lettering finito, si uscirà probabilmente a Lucca ma non so nulla di ufficiale, so don’t ask.
Una piccola news in anteprima la posso dare, altrimenti a che serve la newsletter? Bugs-Gli insetti dentro di me, la follia comedy/horror/scifi/action mia e di Fabio Babich (che grazie a Bugs vinse il Boscarato come miglior esordiente), sentito tributo al cinema di Takashi Miike, sarà ristampato in versione “ultimate” con in più due finali aggiuntivi (alternativi?) apparsi in origine su Splatter 1 e 6. Data di uscita fissata: 2023 (inoltrato). Per la data precisa e la casa editrice direi quindi che ne riparliamo più avanti.
(dopo anni, posso comunque confermare che non avevo letto Exterminators della Vertigo quando lo scrissi).
(che soddisfazione una nuova edizione. La prima volta che mi succede. Ti dà l’idea che non hai fatto uno dei tanti fumetti usa e getta che popolano gli scaffali delle librerie per un mese e poi spariscono per sempre. Sì, la sto facendo più grossa di quel che è)
(e sì, piacerebbe anche a me una nuova edizione de L’Era dei Titani, MA Massimo non lo vuole ristampare così com’è: vuole ridisegnare tutto, aggiungere una seconda parte, e considerando quanto lavora, direi che accadrà in tempi molto lunghi. Diciamo tra un paio di reincarnazioni se non ci saremo già estinti)
[Stavo per inaugurare anche la sezione sui progetti in corso (cioè quelli che chi sa se diventeranno mai qualcosa), ma la scaramanzia scorre potente in me, quindi manteniamo un dignitoso silenzio.]
Letture, visioni, ascolti
Letture:
Appena terminata la lettura di Frigo, valvole e balloons dell’appena scomparso Luca Boschi per commemorarne la memoria. Preso in prestito in biblioteca anche Irripetibili, sempre di Boschi. Il percorso di sparizione delle riviste sembra prodromico alla totale disintermediazione data dai modelli di fruizione in streaming; esempi virtuosi da replicare dal passato, mutatis mutandis, non ce n’è, nel nostro mondo in cui i tempi interstiziali sono dominati dall’uso del cellulare (non è un giudizio moralistico, solo la constatazione che i magici momenti di lettura al cesso e nel percorso casa lavoro per la gran parte della gente sono adesso occupati dall’utilizzo a vario titolo del mobile) e non si torna indietro. Forse questo era un non sequitur. Oh, well.
Finita la biografia di Gardner Fox (peccato per le poche info relative alla carriera da romanziere di Fox successiva all’abbandono dei fumetti nei 60s; lettura comunque doverosa, dato che senza di lui niente Nathan Never/Justice League, non fosse per il semplice fatto che lo sceneggiatore e in parte l’ideatore sia della Justice Society che della Justice League è stato proprio Fox), sono passato a quella (stupenda) su Joe Kubert (un uomo che cominciò a disegnare professionalmente a 14 anni: quei momenti in cui ti chiedi perché continui a provarci al confronto con certi giganti, poi ricordi che in ogni ambito artistico ci sarà sempre qualcuno migliore di te e non è un buon motivo per smettere di fare quello che ti piace fare e procedi) ed è in arrivo quella di Elmore Leonard.
Fiordilatte di Miguel Vila: promosso (come del resto il suo esordio altmaniano Padovaland). Miguel è uno sporcaccione (cosa che me lo fa apprezzare tantissimo) e mi chiedo da dove sia venuto fuori un autore attualmente 29enne già così perfettamente formato, sia a livello grafico (pur con le evidenti derivazioni grafiche da Crumb e compositive da Chris Ware, quest’ultima per altro dichiarata dall’autore) che narrativo. Aggiunto alla lista di autori italiani di graphic novel con un’impostazione drammaturgica forte assieme a Fabrizio Dori e Lorenzo Palloni.
Continua il recupero di fumetti DC d’annata (dopo la sua recente scomparsa tutti hanno citato i suoi Batman e Green Arrow/Green Lantern, pochi hanno parlato del Deadman di Neal Adams di cui ho appena terminato la rilettura, ma chi è abbastanza fortunato da avere una artist edition sa che Adams per composizione dinamica e inusuale delle tavole, soluzioni registiche inedite come le zenitali spinte con una profondità di campo enorme, uso psichedelico dei colori, spaccò culi da subito e creò un primo prodotto DC con una propria fortissima identità grafica e in grado di offrire un’alternativa rispetto alla prepotente preponderanza Marvel di quegli anni) e la gioia per gli shonen manga del momento (Chainsaw Man, Demon Slayer, Jujutsu Kaisen) dopo il poco interesse per i “big three” degli 00/10 (One Piece, Naruto e Bleach).
Visioni:
In TV: Moon Knight, secondo Parrot Analytics, è stata la serie MCU con meno ascolti ad oggi; un trend negativo -limitato alle serie tv- su cui la Marvel dovrà fare serie riflessioni. Ho iniziato entusiasticamente Severance, ma ho interrotto. Come in certe relazioni: non è lei, sono io (io e la mia progressiva perdita di capacità di attenzione). L’horror contemporaneo per eccellenza, in cui la cosa più terrorizzante è il posto di lavoro (nello specifico il bersaglio sono le mega corporation).
Ultimo film visto al cinema: The Batman in lingua originale. Sensazioni: inseguimento del Pinguino con la Batmobile e decine di innocenti morti + quarto atto: a naso aggiunti come richiesta dalla produzione perché non c’era abbastanza azione. Dal film deriveranno due spin off tv, quindi forse va valutato (anche) come super pilota invece che come film?
In visione/studio anche il videocorso di sceneggiatura di Jed Mercurio di BBC (sono a metà), che mi sentirei di consigliare, sia per ripasso che per sistematizzazione di nozioni già conosciute. La cosa interessante è che Mercurio di formazione è medico, e usa molti concetti di fisica per spiegare le dinamiche narrative, quindi fornisce comunque punti di vista nuovi anche per chi come me si è letto la qualunque sulla struttura drammaturgica. E a proposito di questo, una frase di Mercurio mi ha dato molto da riflettere: “Usate i modelli strutturali per raccontare la tua storia, non forzate le vostre storie in un modello strutturale.” Di per sé un’ovvietà, ma in realtà un errore molto comune in fase di scrittura. Fosse anche solo per questo spunto, da stringergli la mano e offrirgli una carbonara (se non è vegetariano).
C’è una nuova tendenza weird nel cinema sudcoreano? Non ho visto uno solo di questi film, ma è decisamente interessante, non fosse altro per una soluzione formale che trovo molto funzionale (l’ho già usata in Zentropia - sapevate che potete scaricarlo gratis? - e in Talking to Control), ovvero di un setting futuro che di fatto è sostanzialmente il nostro presente con un solo innesto narrativo sci-fi e quel che ne consegue.
Ascolti:
Su Audible alterno Basta dirlo di Borzacchiello (per disimparare espressioni che dal punto di vista neurolinguistico mal predispongono l’interlocutore) a Il colombre e altri 50 racconti di Buzzati ottimamente letto da Gioele Dix. Quando mi ricordo, cerco di ascoltare “Screaming into the Hollywood Abyss” col quale ho già abbondantemente rotto le scatole a chiunque, ma per chi fosse finora scampato: un podcast che parla di film e serie tv ma con uno specifico focus sui fallimenti degli intervistati. Si affronta il tema per cui nell’entertainment (specie a certi livelli, specie in USA) il fallimento è uno standard e quindi come ognuno sviluppa meccanismi e mindframe necessari per perseverare di fronte a questa situazione. Gli autori hanno rivelato che questo aspetto, specialmente nel periodo del lockdown, ha attirato anche ascoltatori non interessati per forza ai retroscena della creazione di serie tv, ma appunto al concetto della gestione del fallimento.
The end for now or forever
E siamo giunti alla fine. All’ennesima rilettura mi chiedo davvero se non sia un esercizio di solipsismo e se possa essere interessante per qualcuno e soprattutto se avessi dovuto affrontare altri temi scottanti, tipo:
ho volontariamente non rinnovato il dominio www.adrianobarone.com che adesso è diventato il sito di una clinica odontoiatrica giapponese;
è uscito l’episodio pilota di un podcast comico che faccio con i miei amici Conan e Simo (c’era anche un primo episodio con l’intervista a una ragazza che di lavoro vende cadaveri ai dipartimenti scientifici delle università, ma abbiamo già dovuto toglierlo per ragioni facilmente intuibili. Spoiler: gli altri podcast comici italiani non fanno ridere per niente, questo sì. Contiamo di far uscire il prossimo a inizio giugnoo, speriamo bene);
ho rilasciato un’intervista ma non mi pare di avere detto niente di interessante, quindi niente link.
Il layout della newsletter non mi convince (pochi appigli visivi per facilitare la lettura, divisione non soddisfacente in sezioni) e dovrò lavorarci su o forse no.
Non so quando uscirà la seconda puntata (si chiamano così? Esistono sinonimi di newsletter?), non so SE uscirà, non so come concludere, in realtà molto dipenderà da quanto la spaccerete ai vostri amici: nel caso metto sotto il click button (sembra il nome di un sex toy). Se non vi è piaciuta, potete condividere con qualcuno che vi sta antipatico.
Sei un solipsista eccezionale!
BomB!