L'ottimismo vola
“Questa idea di film costosi che vanno direttamente in streaming… non riusciamo a trovare una giustificazione economica. Non riusciamo a trovarne un valore economico”, ha dichiarato lo scorso agosto il CEO di Warner Bros. Discovery, David Zaslav. Giuro che l’articolo (lunghissimo e interessante) non l’ho scritto io, anche se si conclude così: “What is old is new again ed è nell'interesse del campo SVOD ricreare il redditizio sistema di syndication che ha beneficiato della televisione lineare per decenni.” Eh eh eh. Questa news è vecchia, e mi piace riportarla ora che Lisa Nishimura abbandona Netflix, un segno che il gigante dello streaming concentrerà i suoi sforzi per fare meno film ma bigger and better, rinunciando all’idea di supportare fim più autoriali e indie, cioè in totale contrasto con quanto farà WB. Alla fine è interessante pensare che -a prescindere- le strategie USA non hanno niente a che vedere con quelle delle filiali locali degli streamer, dove tutto sommato la situazione non cambia mai: al Giappone vengono chiesti anime, le produzioni britanniche e australiane e canadesi “vanno bene” per gli USA perché sono già in lingua inglese, in Spagna si produce a tuono perchè i finanziamenti pubblici funzionano perfettamente e c’è mezzo miliardo di pubblico in America Latina a cui rivolgersi, in Scandinavia si produce bene e si vende per la forza della qualità del prodotto, l’India produce blockbuster action stratosferici (anche se siete distratti avete sentito parlare di RRR, suppongo) e la potenza del Sud Corea nei drama è assodata dagli streamer da anni (ma Parasite che vince ogni premio immaginabile non guasta). Per il resto, per gli altri paesi non nominati la situazione è sempre la stessa: poche produzioni col contagocce e una linea editoriale locale non sempre (mai) chiara.
Eppure, con lo sciopero degli sceneggiatori americani praticamente garantito e i produttori hollywoodiani che cercano contenuto alternativo (unscripted e produzione non USA), mi chiedo da quanto tempo (risposta: sicuramente dopo la Seconda Guerra Mondiale) qui in Italia abbiamo guardato a Hollywood come l’esempio principe di cinematografia e tv. Vista la colonizzazione culturale subita dall’Italia, se ci si pensa, è inevitabile. E ci sono cose che Hollywood farà sempre meglio di tutti: i procedural (e chiunque dica che l’impero di Dick Wolf, tanto per fare un esempio, è cosa da poco, lo sbuccio), i blockbuster, la filiera produttiva se paragonata a quella europea non ha pari...
Eppure numero 2: ieri, primo aprile 2023, ricorrevano vent’anni dalla morte di Leslie Cheung. E personalmente mi ricordo che già da fine anni ‘90 avvertivo come “stanca” la produzione hollywoodiana ed ero affamato di alternative. Di fatto il mio amore per il cinema per anni è stato tenuto vivo dalle cinematografie di Hong Kong, Giappone (ora molto meno) e Sud Corea (che viene “riscoperta” periodicamente, vedi appunto l’esempio di Parasite). Ma davvero, per quanto tempo abbiamo guardato a quella cinematografia e a quella tv usandoli come esempio… assolutamente non calzante per le caratteristiche nostrane? Budget non paragonabili, sistema produttivo non paragonabile, capacità promozionale (si torna al budget) non paragonabile, necessità di eccezione culturale (NDA: per chi non lo sapesse: un insieme di disposizioni volte a fare della cultura un'eccezione nei trattati internazionali, disposizioni che mirano a specificare che gli Stati sono autorizzati a limitare il libero scambio di cultura nel mercato per sostenere e promuovere i propri artisti , veicoli e portavoce della loro cultura) da parte di una produzione italiana (europea in generale)… Quando ho cominciato a interessarmi seriamente anche di serie tv, mi ricordo che ho sempre tenuto un occhio verso quelle della BBC: drammaturgia strepitosa, attori e attrici strepitosi (e vi risparmio l’ennesima considerazione sul fatto che la produzione teatrale e audio britannica, sempre viva, è un bacino di talenti strepitoso per le serie tv) le condizioni produttive e i budget erano molto più simili, e potevano essere davvero un esempio per noi. Negli anni in cui adoravo Battlestar Galactica, Lost, i prodotti HBO, sapevo che in realtà Life on Mars era un esempio molto più realistico verso cui guardare.
E di treni l’Italia ne ha persi forse troppi, mi chiedo? Forse sì, a tal punto che mi è capitato di sentir parlare di un potenziale film d’autore italiano e sentire l’osservazione (corretta!) del produttore che era “troppo francese” e sarebbe stato molto “strano” vederlo prodotto da autori italiani: l’impressione dall’esterno sarebbe stato l’innesto di una sensibilità associata a un’altra identità stilistica nazionale, e non è che questo di per sé possa costituire “originalità” (anche se non era quell'o l’intento). MA la considerazione che segue è che altre nazioni sono state in grado nel tempo di trovare una propria cifra stilistica identitaria, pur all’interno di un tipo di produzione finanziata pubblicamente e con un concetto di eccezione culturale: in Islanda però si fa Lamb, che più locale di così non potrebbe essere, e che però al contempo è un horror; in generale in Scandinavia ci si è inventanti il Nordic Noir che ha influenzato la produzione di crime in tutto il mondo. In Italia si fa altro. Il film di analisi sociale o la commedia, ma per il resto quando da noi esce un action, per dire, resta un’eccezione alla regola. Senza fare discorsi nostalgici relativi al periodo in cui nel nostro paese c’era un forte produzione di genere, dal poliziesco all’italiana all’horror (lasciamo stare lo Spaghetti Western che è caso a sé), in questi anni l’identità cinematografica (e delle serie tv, con l’esclusione di Gomorra, che si è dimostrato un unicum non replicabile) è mancata. Il problema nasce dagli autori, dai decision makers, dalle case di produzione? Non so e sarei arrogante a pretendere di avere un risposta. Tuttavia, se l’Italia vuole mantenere un minimo di presenza nel mercato internazionale, come già detto in uno degli scorsi numeri della newsletter, dovrà inventarsi qualcosa, e in fretta.
L’ottimismo vola, eh? Salutiamoci con la news nerd che Joe Quesada si occuperà di adattamenti di fumetti in film e cartoni animati per Prime Video e che Mr. Evidence è l’unica testata Bonelli ad avere vinto un premio a Romics 2023, in particolare una delle quattro Menzioni Speciali.
So che era da parecchio che non scrivevo, ma dal mondo dell’entertainment le news sono state le stesse per settimane, vedremo se con lo sciopero di maggio della WGA quasi garantito ci sarà maretta e quindi qualcosa di interessante da analizzare. Per ora alla prossima, che come potete intuire, chissà quando sarà.