Ho cancellato il mio account Twitter. Non che servisse a qualcosa. Come dimostra questo articolo, il traffico generato è irrisorio.
Facebook devo tenerlo per ragioni professionali e Instagram mi serve per comunicare con alcuni membri della famiglia che pare lo preferiscano a WhatsApp. Sono anche su BlueSky ma è come se non ci fossi. L’obiettivo è arrivare a zero social e usare solo la newsletter (che resterà o meno su Subtack) e interagire con un numero minimo di esseri umani.
Jujutsu Kaisen e Chainsaw Man sono gli ultimi shonen manga che penso di leggere. Il primo era partito bene ma mi pare sia diventato davvero convoluted. Il secondo continua ad essere bizzarramente delizioso, ma sento che il desiderio di farli, come di leggerli, è passato. Ho 47, anni, ci sta. Il miglior manga che sto leggendo è un seinen, e se inizio nuovi titoli, saranno sempre seinen.
Ho smesso di fatto di leggere fumetti di supereroi. Le mie collezioni delle run passate che adoro restano, per il momento, ma potrei decidere di liberarmene in futuro. Non so cosa mi verrà voglia di rileggere. Come sempre, leggo quello che spero di scrivere un giorno (lo so, è un po’ arrogante. Bear with me). Ma ammetto che dopo NN/JL, ho fatto alcuni ragionamenti, specialmente dopo avere letto questo articolo/intervista ad Alan Moore. Sì, è un discorso anche ideologico: mi sembra corretto scrivere personaggi creati da autori che non sono stati compensati in modo equo durante la loro vita? Per ora leggo solo Spawn: tamarro quanto serve, e al 100% di proprietà del suo creatore. Sorrido ogni volta che finisco di leggere un albo. Todd, vecchia volpe, indie fino alla fine.
Questo mi porta anche a un’altra considerazione, ovvero che se mi restano pochi anni di creatività, non vorrei dedicarli a personaggi inventati da altri (anche se spesso la natura del lavoro porta in quella direzione), ma vorrei raccontare le mie storie. Per questo Hollywood non mi è mai sembrato un posto così poco interessante (ho messo il link, ma non so se è solo per chi è un paid subscriber della newsletter di Cole, scusatemi).
Sto facendo serie considerazioni anche su come liberarmi di parte della mia immensa collezione di libri e fumetti, complice anche la consapevolezza delle fatiche legate al trasferimento del mio amico di penna Jim dagli Usa alla Spagna, ora che è andato in pensione. La prima opzione sarebbe donarli in biblioteca, ma come forse sapete, in Italia le biblioteche non svolgono più funzione d’archivio, ma di semplice “messa a disposizione di titoli a frequente lettura”. Significa che se c’è quel classico del neobarocco cubano in quella rarissima edizione Einaudi anni ‘70 e non lo legge nessuno, verrà venduto a 1 euro in una vendita al pubblico (se sei fortunato da saperlo in tempo, sarai tu a salvare quel libro, altrimenti ciao) o mandato al macero. Ebbene sì. Quindi donarli per vederli finire al macero mi pare un’ipotesi assai poco interessante. Al momento sto pensando di darli ai miei/alle mie (ex) alliev* interessati ad argomenti che possono interessare solo noi impallati. Suggerimenti ben accetti.
Non so se il criterio di Marie Kondo (che abbiamo quasi tutt* preso per il culo per anni) sia corretto (immagino vari da persona a persona), ma il principio, almeno per me, almeno in questa fase della mia vita, è giusto: tagliare. Liberarsi delle zavorre fisiche. Essere pronti a lasciare tutto e mettere l’indispensabile in uno zaino.
Non per fuggire, ma per essere leggeri.
Per volare. Verso dove, in questo momento per me è tutto ancora da capire.
Comprensibile e necessario.
Idem, su tutto.