Per quest’anno, non cambiare, niente ferie e lavorare. Piccola nota personale giusto per trovare un titolo a questa newsletter, ma in realtà argomento di cui non parlerò.
(nell’immagine: “content impairment charges” a maggio per Disney per 1 miliardo/1 miliardo e mezzo di dollari. Adesso vi spiego)
Allora, visto il bruciante risultato del 100% a favore dei ben due votanti della scorsa newsletter (scherzo, era qualcuno in più), cominciamo in maniera soft a parlare di animazione.
Prima di tutto, la fonte principale per me è sempre stata Cartoon Brew, che potete leggere anche tramite newsletter gratuita.
Ed è da Cartoon Brew che arriva la news piuttosto bizzarra di questa settimana è che Paramount ha rimosso sei serie animate: IN TEORIA non ci sarebbe niente di strano, in queste settimane Disney + aveva già espunto degli show dalla propria offerta (vedi l’immagine sopra, alla voce content impairment charges). Perché? Per un motivo che pensavo fosse lo stesso per Paramount+: è parte di una strategia di contabilità fiscale che gli consentirà di dichiarare una perdita finanziaria per queste serie, che per altro vengono vendute ad altri streamer/emittenti. Ma questo pare sia valido solo per Star Trek Prodigy, non per altre cinque serie. Uhm. E quindi? I servizi di streaming aggiungono e rimuovono contenuti in continuazione, ma ora lo fanno in modo molto più aggressivo rispetto a prima e con poca considerazione per gli abbonati. Sempre dall’articolo (solita mia traduzione alla buona): “L'idea che la tv viva in una sorta di catalogo permanente è un concetto nuovo; le serie che svaniscono in caso di cancellazione sono state a lungo la norma. Ma quell'idea era una promessa centrale dei servizi di streaming. La quota di abbonamento mensile non diceva "soggetto alle esigenze di detrazione fiscale della Paramount". Ouch.
Sempre parlando di animazione, invito alla lettura di questo articolo che ci dice che i film di Hollywood hanno sempre meno appeal in Giappone con una progressiva dominanza degli anime nel mercato locale: da un lato il declino per l’interesse per le ultime produzioni Disney (e la finestra theatrical sempre più breve: perchè guardare al cinema qualcosa che puoi trovare poco dopo su Disney+?) e in generale un non apprezzamento per le novità, e sottointeso, una mancanza di capacità di Hollywood di creare nuove star (perchè Top Gun 2 con Tom Cruise il pubblico giapponese è andato eccome a vederlo al cinema). E nel frattempo… i film anime sono diventate le big hit. “Il pubblico di questi film è costituito principalmente da fan degli anime […] Non sono spettatori che sono passati dai film di Hollywood ai film giapponesi”. La quote conclusiva dell’articolo è straordinaria: “Ora, i giovani non sono così interessati agli Stati Uniti", dice. “E chiamano le persone a cui piacciono i film di Hollywood 'otaku'. Chi avrebbe potuto prevederlo?” Fantastico. viviamo in un periodo storico da sbellicarsi dal ridere (per certi versi).
E sapete che non si può non parlare dello sciopero della WGA, ma l’atteso double down dello sciopero degli attori - SE ci sarà, e non siatene sicur* - è rimandato a dopo il 4 luglio. Ma a questo giro ci colleghiamo di nuovo all’animazione perché è emerso un ennesimo problema, ovvero il fatto che siano i produttori a stabilire se gli sceneggiatori di un cartoon possano far parte della WGA o dell’Animation Guild. Totalmente insensato (no, senso ce l’ha, dipende dalla diversità dei pagamenti minimi di sindacato). Non vi cito Renè Ferretti, ma avete capito.
Uh, e se lo sciopero facesse il gioco dei producers, che hanno prodotto troppo negli ultimi anni, e ora devono produrre meno? “Quando lo sciopero inizierà a influenzare i profitti degli studi e li colpirà dove fa più male: i prezzi delle loro azioni? La risposta probabilmente non è quella che gli scrittori vogliono sentire. […] La triste notizia per gli scrittori è che, dichiarando uno sciopero, potrebbero in realtà aiutare i giganti dello streaming […]. L'ultima volta che abbiamo visto interruzioni della produzione su vasta scala è stato nel 2020, all'inizio della pandemia. Quell'anno è stato anche l'unico anno in cui molti di questi servizi sono stati in grado di aumentare il flusso di cassa libero […]. In un momento in cui ogni società di media è sotto esame più attento che mai per dimostrare di poter offrire ritorni agli azionisti, qualsiasi scusa per ridurre la spesa per i contenuti può essere benvenuta.” Ouch, di nuovo.
E guardate con quanta grazia passiamo dall’animazione alle streaming wars, che ormai non sono più wars, ma somigliano di più al “Decline and fall of the Roman Empire” di Gibbons, solo che si parla di entertainment, e qualcuno ha schiacciato il tasto fast forward a 100x: Netflix rimuove il piano di base senza pubblicità in Canada: e si pensa che il mercato statunitense sarà il prossimo. In soldoni in Canada non è più disponibile il piano a $ 9,99 al mese: a quella cifra si può avere solo l’abbonamento supportato da pubblicità; se non vuoi la pubblicità il costo mensile è di $ 16,49. Stati Uniti prossimi, a quando l’Europa e l’Italia?
Vediamo… dato che un caro amico mi ha detto che questa più che newsletter andrebbe chiamata doomsletter, forse potremmo parlare del fatto che Sky Deutschland interrompe la produzione degli scripted (e nei mesi passati vi avevo accennato al fatto che si parlasse di vendita a un ente terzo), e voci di corridoio (quindi non lo sto dicendo io, sono ipotesi selvagge, chi può dirlo, sapete come sono i pettegolezzi, tipo chiacchiere al bar, nego tutto, vostro onore!) affermano che la prossima sarà Sky Italia.
Diciamo che le news della settimana potrebbero essere riassunte da un WhatsApp ricevuto da un amico produttore: “Nessuno ha più soldi.” (seguiva emoticon con la lacrimucia)
Postilla: la televisione sta capitalizzando il settore dei videogiochi con l'aumento degli adattamenti televisivi originati dalle IP del mondo videoludico, gli streamer sviluppano divisioni di gioco attraverso le loro piattaforme, nonché la produzione di contenuti interattivi. I videogiochi sono la chiave mancante per far avanzare il settore televisivo? Onestamente, non vorrei fare una scrollata di spalle e riderci su, perché fu la stessa reazione di molte persone quando nacquero gli smartphone e dissero che nessuno li avrebbe mai usati. Videogiochi, quindi? Chissà, vedremo. Intanto sentite questo profumo di disperazione nell’aria? Del resto non sono io a dire che “i tagli di posti di lavoro, sia effettivi che imminenti, sono stati i discorsi dei molteplici market dell’audiovideo che abbiamo visitato nell'ultimo mese.”
Viviamo in tempi così complicati che è complicato perfino definire COSA SIA UNA HIT di questi tempi. E per la vostra gioia, un’intera puntata del podcast di The Ankler è dedicata a questo dilemma molto contemporaneo.
Dai, per questa settimana basta con le cattive notizie o sembra di esagerare pure a me. Ci si sente presto con altre entusiasmanti news!
Interessante come sempre, Adri. Perché se alcune cose le sapevo, altre le scopro grazie a te. Obrigado... 🙏