WAITING FOR GOOD NEWS
Versione “elenco della spesa” della newsletter per iniziare in allegria la vostra settimana lavorativa (avete un click rate bassissimo sui link, allora cosa ve li metto a fare? Mah, continuo a considerare queste righe a periodicità irregolare più come “notes to self” condivise che altro, quindi chissene):
- “Era nostra convinzione che le perdite dovute al cord cutting (l’abbandono delle tv via cavo) sarebbero state compensate dai guadagni nello streaming. Non è quello che è successo.”, dice James Dolan, presidente di AMC, che guarda un po’, si prepara ad effettuare tagli. Lo streaming come modello di business non è redditizio, pensa un po’. “Has the shine come off streaming?” A questa considerazione agganciamo quella relativa al fatto che… mancano dei titoli nel catalogo Netflix nella sua offerta AVOD, e questo avrà un impatto sulla percezione del marchio come il brand “all in” a cui rivolgersi per l’home entertainment.
- Il mondo della tv ha gli occhi puntati sul Giappone, non solo per gli anime, ma fonte inesauribile di unscripted originali (sempre sugli unscripted, interessante questo pezzo che dice che i prossimi format che diventeranno big in tutto il mondo probabilmente nasceranno da YouTube), e si continua a spingere anche sugli scripted in attesa di un successo globale che finora non è arrivato. In ogni caso l’Asia resta un territorio export-only, dove è impossibile pensare anche solo di vendere un formato.
- Un enorme applauso va ai colleghi danesi, che sono riusciti a raggiungere un accordo con Netflix che prevede “un pagamento iniziale garantito dei diritti al lancio sul servizio Netflix, seguito da una remunerazione aggiuntiva basata sul successo di uno show per i creatori danesi.” Mi chiedo se sia questione di forza contrattuale o altro, e soprattutto se questo creerà un precedente virtuoso per gli autori di altri paesi, tra cui ovviamente l’Italia.
- Sempre per lo splendido rapporto tra streamers e paesi dell’Unione Europea, i regolamenti proposti per la prima volta nel 2018 e adottati lo scorso anno impongono agli streamer di garantire che almeno il 30% delle serie TV e dei film sui loro servizi siano di origine europea…MA ora pare che si specificherà molto precisamente quali contenuti si qualificano come "europei", il che significa potenzialmente che prodotti provenienti da paesi al di fuori dell'Unione Europea (UE) – come Regno Unito, Svizzera, Norvegia e Turchia – non conterebbero più nelle quote (esiste una “European VOD Coalition”???).
Altro dal mondo dell’entertainment:
- Prima vittima della nuova strategia relativa alle IP DC in Warner è Wonder Woman 3, che non si farà.
- Amazon prevede di investire 1 miliardo di dollari all'anno in film per l'uscita nelle sale.
- Costi altissimi per l’editoria, l’idea che il prezzo dei libri debba salire sensibilmente, proporre un modello di abbonamento? Questo e altro nell’intervista a Charlie Redmayne, CEO di HarperCollins UK. Sul terzo punto, forse dovrebbe abbonarsi a questa newsletter. Sempre a livello di editoria, la previsione dei ricavi per il mercato italiano è in lieve calo, ma credo nessuno sia stupito, tutto sommato un buon risultato. Altri dettagli dal report: crescita delle medie case editrici, il ritorno presso i punti di vendita fisici, la non fiction professionale è diminuita del 13,3%, la non fiction generale del 10,8% e i libri per bambini e YA del 2,5%. I segmenti di genere che hanno ottenuto i migliori risultati nel 2022 includono i romanzi rosa di italiani (+231%), le guide per la casa (+130%) e la letteratura femminile italiana (+92%). Ognuno ne faccia le deduzioni che ritiene più opportune.
- “Il mio nome è vendetta” film italiano prodotto da Colorado (il cui soggetto è co-scritto dal mio co-autore su Mr. Evidence, Fabio Guaglione), durante la prima settimana di uscita è stato il secondo film non in lingua inglese più visto al mondo su Netflix. Un risultato niente male. Le piattaforme vogliono film action per acchiappare un pubblico maschile, che a quanto pare è in minoranza rispetto a quello femminile. Tu dimmi.
- Mi ha fatto riflettere questa intervista a Renato De Maria, regista di “Rapiniamo il Duce”, altro film italiano su Netflix, in particolare questa parte: “era partito come un film dal costo simile, intorno ai 3-4 milioni, […] è lievitato fino a diventare uno da 12 circa. C’è stato proprio un passaggio tecnico da produzione Netflix italiana a produzione Netflix international, cosa che sblocca altri soldi”. Quanti progetti italiani riescono a passare all’international, e quanto comunque dipendiamo dalle piattaforme per provare a tentare nuove strade per la creatività italiana?
- Ho terminato finalmente il corso di sceneggiatura on line di Jed Mercurio, e confermo che onestamente, è l’unico corso on line che mi sento di consigliare. Tra i materiali messi a disposizione gratuitamente da BBC ci sono gli script di Line of Duty e quelli di Bodyguard, andata in onda su Netflix.
Concluderei con questo triste dato, che se sono sicuro fosse applicato all’Italia, avrebbe risultati ancora più sconfortanti: in Inghilterra il 16,4% dei lavoratori creativi nati tra il 1953 e il 1962 aveva un background della classe operaia, ma questo è sceso a solo il 7,9% per i nati quattro decenni dopo. In Italia il problema è ancora più marcato, ma è sempre più ovvio che il classismo che domina l’entertainment, aggiunto alla diminuzione costanti di compensi e all’assenza di royalties dei contratti delle piattaforme in streaming (perchè tutto il mondo NON è Danimarca) farà in modo che avere un lavoro creativo in tempi molto brevi diventerà semplicemente un “hobby pagato per ricchi”.
Per oggi è tutto, ma non vi preoccupate, le trasmissioni riprenderanno con regolarità. Da aprile, se continuo a lavorare come in questo periodo. :-(