“Non si scherza mai con gli investigatori speciali.” (nella serie tv)/”Nessuno pesta i piedi agli investigatori speciali.” (nel romanzo)
Ebbene sì, Jack Reacher è tornato con una seconda stagione su Prime Video e da appassionato della serie non posso che esserne felice.
Inutile stare a questionare sui film interpretati da Cruise: sceneggiatura, regia e interpretazione li rendono molto solidi, ma se qualcuno vuole eccepire sulla mancanza del physique du rôle di Tom, avrebbe ragione (ne parliamo più avanti).
In questa serie, però, è chiaro che ci sono teste pensanti al lavoro (ne parliamo più avanti).
E quindi dopo un adattamento molto fedele (ma non 1:1) del primo romanzo del 1997, in prima stagione, si passa ad adattare non il secondo, ma l’undicesimo romanzo, Bad Luck and Trouble (in italiano Vendetta a freddo, del 2007). Perché? Non ho ancora letto interviste alla writers’ room e aspetterò la fine della serie per farlo, ma qualche idea ce l’ho. La certezza è che questa serie, come i romanzi, è cafona ma irresistibile, e no, non è il cafone di Fast and Furious, perché dietro la superficie del thriller d’azione mescolato alla detection c’è molto di più.
Pront*? Si inizia a nerdizzare.
Difficile spiegare la mia passione per Jack Reacher.
Prima di tutto, non sono solo.
Vi linko due vecchi articoli del Guardian, uno del 2013 e uno del 2019. Haruki Murakami. Philip Pullman. Accademici di varia natura. Sono in buona compagnia. I romanzi di Jack Reacher sono addictive.
Seconda cosa, questa passione è nata totalmente per caso.
Ero su Audible alla ricerca di polizieschi e thriller contemporanei e sono incappato nel primo romanzo, Killing Floor (in italiano Zona Pericolosa), e ammetto che sono stato rapito dalla lettura del mitico Ruggero Andreozzi, la cui voce sarà per me quella di Reacher in italiano PER SEMPRE (la serie tv Prime la sto seguendo in inglese).
La trama era complessa, il personaggio particolare: un ex poliziotto militare che aveva mollato l’esercito e viveva come un vagabondo attraversando gli Stati Uniti avendo come unici possedimenti personali i vestiti che indossava, qualche soldo in contante e uno spazzolino pieghevole. Questa montagna di muscoli in grado di analizzare una situazione come Jason Bourne e di fare analisi deduttive come Sherlock Holmes mi affascinò subito. Certo, avevo visto (distrattamente, lo ammetto) il primo film con Tom Cruise (anche perché il contrasto tra personaggio in apparenza tutto muscoli e niente cervello che invece un cervello ce l’aveva eccome… si perde completamente), ma mi resi conto che qui avevamo una serie di romanzi (oggi arrivati a ventotto) che erano un successo internazionale ed erano -chiamatelo “gut feeling”, dato che ne avevo letto solo uno- “particolari”. Volevo saperne di più. E così cominciai ad ascoltare (sì, ascolto: l’unica lettura è stata quella dei racconti brevi apparsi in No Middle Name/Il mio nome è Jack Reacher, di cui non esiste l’audiolibro).
E la passione crebbe.
Con un commitment che in questo periodo non riservo a nient’altro. Probabilmente perché ero affascinato da questi thriller da un lato raffinatissimi, dall’altro appunto super cafoni, e cercare di capire il motivo di questo successo globale… ma oltre al piacere della lettura dei romanzi stessi, ho assistito da autore al percorso di un altro autore (ovviamente di spessore infinitamente superiore al mio) che mano a mano scopre “davvero” cosa ha creato e mette sempre più a fuoco il proprio personaggio e le caratteristiche della serie che lo vede protagonista.
Perché la verità - e ve lo potranno confermare autori molto più affermati e autorevoli di me - è che a volte ti rendi conto di cosa hai in mano solo mentre lo scrivi.
E cosa è successo a Lee Child mentre scriveva i romanzi della serie?
Molto sommariamente: se probabilmente il primo romanzo è letteralmente esploso sotto le mani dell’autore con un successo inaspettato (era un esordio, scritto a seguito di un licenziamento), da autore posso dire che è chiarissimo come il secondo (Die Trying/Destinazione inferno, 1998) fosse stato scritto sicuramente con meno tempo e possibilità di ragionamento preliminare e tentando di "aggiungere acqua" a una trama molto più esile della precedente e sicuramente pensata molto più in fretta.
Dal terzo romanzo (Tripwire/Trappola mortale, 1999) Child comincia a raccontare in maniera soft il passato del personaggio anche se a livello di trama le cose non girano ancora come devono (a partire dal cattivo “bondiano”; e comunque il trucco di cominciare a raccontare il vissuto del protagonista quando sai di non avere materiale di primissimo livello a livello di trama è un classico: se qualcuno ti ha seguito fino al terzo romanzo, è interessato non solo al plot, ma anche allo sviluppo orizzontale e al background del personaggio), ma giustamente col quarto (Running Blind/Via di fuga, 2000) riazzera tutto e riporta il protagonista al suo concept originale, dopo averlo opportunamente ripulito, ma avendone comunque aumentato lo spessore psicologico.
Col quinto romanzo (Echo Burning/Colpo secco, 2001) tenta una strada che evidentemente non gli torna (forse il meno riuscito della serie, perlomeno fin dove ho letto), ma col sesto (Without Fail/A prova di killer, 2002) capisce finalmente che percorso imboccare e inizia finalmente a creare un po’ di continuity rispetto ai romanzi precedenti (ovvero il primo, col richiamo al fratello di Jack) sia, nuovamente in maniera soft, ad espandere il passato di Reacher (con la prima apparizione di Frances Neagley).
Col settimo romanzo (Persuader/La vittima designata, 2003) la formula pare testata, ma l'innovazione del racconto in prima persona rispetto ai romanzi precedenti raccontati in terza, dimostra che c'è ancora un certo "nervosismo" da parte di Child, che qualcosa ancora gli sfugge, e che i test e le sperimentazioni non sono finite.
E arriviamo all'ottavo romanzo (The Enemy/Il nemico, 2004), il primo ambientato nel passato di Reacher: e qui l'autore si avvicina di un altro passo allo scoprire l'essenza del personaggio da lui creato. Torna (siamo in flashback) il fratello di Reacher, e scopriamo qualcosa di più - molto - sul suo passato e su un trauma che ha vissuto. Jack è sempre più tridimensionale, lo conosciamo sempre meglio, e Child pure.
Il nono romanzo (One Shot/La prova decisiva, 2005) è talmente perfetto che diventa anche il primo film di Reacher interpretato da Tom Cruise già citato. Child ormai si muove agile, la formula è infallibile, e passa al decimo (The Hard Way/Un passo di troppo, 2006) scoprendo un gusto per i one-liner cafoni che non si toglierà più e soprattutto introducendo la capacità di Reacher di sapere che ore siano senza guardare l'orologio (da quanto aspettavamo un tale dettaglio ossessivo del carattere di Jack?). [aggiungiamo finalmente anche il totale senso di estraniamento di Reacher rispetto a una società di consumi che “visita” ma non comprende affatto]
E questo dettaglio non è affatto secondario: Child finalmente ha CAPITO. Ha il pieno controllo della situazione, e soprattutto, finalmente, ha capito fino in fondo chi è Reacher. E può spingere, ancora una volta, sull'acceleratore: e all'undicesimo romanzo, Bad Luck and Trouble/Vendetta a freddo, da cui è tratta appunto la seconda stagione della serie tv, siamo a livelli altissimi. Finalmente - come si intravedeva, ma mai in maniera esplicita- mette in scena tutti i tratti ossessivi del carattere di Reacher come i suoi ragionamenti senza controllo e totalmente psicotici sui numeri (Jack ci è simpatico, ma avevamo capito da un pezzo che di testa non è completamente a posto), costruisce un altro enorme pezzo di continuity facendo ricomparire Neagley (e non solo) e raccontando un altro momento del passato di Reacher che torna… e comincia a problematizzare il suo protagonista: sia relativamente ai suoi aspetti psicotici, come scritto sopra, sia per quanto riguarda le sue scelte di vita, sia rispetto al suo rapporto con la tecnologia. Certo, a fine romanzo lo status quo pare il medesimo dei romanzi precedenti, ma ora abbiamo una profondità strepitosa che giace sotto la superficie del thriller d'azione misto a poliziesco.
Ho ancora diciassette romanzi da godermi, ma finora il viaggio con Reacher, assieme a quello di scoperta da parte di Lee Child nei confronti della sua stessa creazione, è stato commovente.
E che dire dell’adattamento televisivo? Un sacco di cose, in ordine sparso: perché spostare l’azione da L.A. come nel romanzo a N.Y. (finora, no idea)? Come risolvere l’ingombrante presenza di ben nove romanzi nel mezzo? Risposta: con colpi da maestro come il riferimento a Barr, il cecchino del nono romanzo/primo film, risolto con due righe di dialogo in cui viene detto da Reacher che “l’ha incontrato l’anno scorso in Indiana e adesso è in debito con lui” (fantastico!). Con l’introduzione di Neagley nella prima serie (nel primo romanzo era assente). Col ritorno di Finlay in questa seconda stagione (assolutamente assente nell’undicesimo romanzo). Con la problematicità delle scelte di Reacher che si paragona con gli ex-colleghi che paiono “avercela fatta” (considerazioni assolutamente esplicite nel romanzo, più sottointese nella serie, ma comunque prepotentemente presenti) mentre lui di fatto vive come un senzatetto vagabondo. Insomma, la direzione è al contempo fedele ai romanzi ma da un lato modernizzata a livello tecnologico (nel romanzo si va in un negozio di dischi: nella serie si cerca su Google), e la spinta sull’orizzontalità è molto più marcata (e finora risulta assolutamente organica) e incredibilmente pare riguardare da subito il core psicologico del protagonista: problematizzare Reacher rischia di “smontare” il personaggio, eppure gli autori della serie tv hanno deciso subito di fare questo passo. Per capire in che direzione andranno bisognerà aspettare non solo i quattro episodi conclusivi, ma capire quale dei ventisei romanzi a disposizione verrà adattato per la terza stagione (no, non ho conferme che sarà fatta, mi sembra assurdo se non prosegue, ma se seguite la newsletter sapete che abbiamo visto cancellazioni assurde, in questo periodo).
In ogni caso, i romanzi non ce li toglie nessuno, e questa è l’ennesima consacrazione di una serie narrativa che si è guadagnata lettori e lettrici appassionat* in tutto il mondo. E se mi confessaste di esserlo anche voi, non solo non sarei stupito, ma se me lo consentite, vi abbraccio pure.