E quel che comporta.
Ciao, sono Adriano Barone, sceneggiatore di fumetti e cartoni animati, romanziere e fissato col mondo dell’entertainment a 360°.
L’ultima uscita della newsletter dedicata ai Guardiani della Galassia 3 ha avuto un picco di lettura inspiegabile, e se fossi furbo, avrei dedicato questo numero a un argomento altrettanto pop.
Invece, dato che sono un cretino, parliamo (e non sarà l’ultima volta, ma cercheremo di non esagerare, anche perché è certo che si tratterà di qualcosa di mooolto lungo) di un argomento molto di nicchia (di per sé, ma non per le sue implicazioni) dello sciopero degli sceneggiatori statunitensi.
Dal 2 maggio, il sindacato degli sceneggiatori americani è in sciopero.
Prima di tutto, se volete sapere cosa chiedono e come sono organizzati, andate sull’organizzatissima sezione del sito della WGA.
Se volete un resoconto giorno per giorno sull’andamento dello sciopero e su quello che si muove attorno, c’è la newsletter gratuita Strikegeist.
Primo discorso del contendere (che è secondario nell’immediato, ma ha implicazioni molto più ampie per la nostra quotidianità): l’uso dell’AI per la creatività, nello specifico, per scrivere soggetti e sceneggiature.
Se da un lato c’è chi dice che difficilmente sostituirà gli sceneggiatori, ci sono persone come i fratelli Russo che ipotizzano un futuro (simile a quello ipotizzato nella trilogia di MaddAddam di Margaret Atwood di cui si è parlato qualche newsletter fa) in cui tornerai a casa e chiederai all’AI di crearti un film su misura, per esempio un noir in cui sei protagonista con Marilyn Monroe. Davvero qualcuno si guarderebbe qualcosa del genere? Sì. Durerà? Penso che dopo un po’ potrebbe prevalere l’effetto noia, ma chi può dirlo?
Comunque questa è una pubblicità della Coca Cola creata con IA generativa. Posto che ho le mie opinioni (personalissime e opinabili) su cosa possa essere la creatività in pubblicità (un riciclo eterno delle stesse idee), per un discorso super citazionista può pure funzionare. Qualcuno ne è entusiasta. Qui un po’ di making of. Ma parlando di creatività “vera”? Lascio parlare Straczynski.
Ma soprattutto il discorso è legato all’idea del rispetto del lavoro e delle competenze, e del fatto che lo sceneggiatore, per essere un lavoro sostenibile, deve essere appunto realizzato da umani, e non da “revisori di prodotti generati dalle AI”. Le implicazioni del trasformare il mestiere di sceneggiatore in una “gig economy”, al pari dei rider o degli autisti di Uber, è una delle prospettive che personalmente trovo agghiaccianti. Andate alla parte scritta in corsivo di questo articolo e immaginate questo metodo di lavoro, di calcolo delle prestazioni e di pagamento applicato a quasi OGNI TIPO DI LAVORO. Temo che questo sia il futuro che ci aspetta, e ugualmente non riesco a non farmi venire i brividi sulla schiena.
Su questo aspetto, tuttavia, è notizia recente della prosecuzione dei lavori dell’Unione Europea sull’AI ACT, che potrebbe essere un importante momento di regolamentazione e di tutela di artisti e del lavoro creativo almeno per l’Europa (come legifereranno gli USA è tutto da vedere: ma sarà interessante come caso di diritto internazionale, argomento che si presenterà sempre più spesso con le AI): ovviamente leggendo l’articolo si capisce che in gioco c’è molto di più (software di riconoscimento facciale, scansioni di CV da parte delle aziende…).
Secondo discorso: i residuals e l’eventuale sciopero europeo.
Anche in questo caso, ne abbiamo parlato nelle scorse newsletter.
Vecchio modello: scrivo una serie tv. Ci sono le repliche: prendo un po’ di denaro. Altre repliche: prendo un po’ di denaro. La serie è venduta in un certo numero di paesi esteri: prendo un po’ di denaro per ciascuna vendita.
Modello streaming: vieni pagato una volta per il lavoro fatto. Fine.
Diventa facilmente comprensibile capire che se il diritto d’autore svanisce, svanisce anche la minima possibilità di rendere questo mestiere… un mestiere, svanisce l’idea di professionalità, svanisce - penso - anche qualcosa di più, come scriveva Straczynski nell’articolo linkato sopra. Potremmo diventare come ferratori di zoccoli di cavalli con l’arrivo dell’automobile (e così artisti, ragionieri, parecchie categorie di lavoratori, ad esempio gli attori) e non sarebbe così strano nella storia sociale dell’umanità, anche se la prospettiva di decine di milioni di posti di lavoro persi in varie categorie a causa dell’AI è sconfortante. Oppure il lavoro (non più tale) rimarrebbe solo una possibilità aperta a chi ha robusti patrimoni familiari alle spalle. Chissà.
Ma questo articolo di Vanity Fair, uscito PRIMA dello sciopero, fa una fotografia della situazione impietosa ma onesta: lo streaming ha creato una bolla. La bolla è scoppiata.
Come è stato inevitabile che ci fosse una corsa ai contenuti che ha creato molto lavoro, dopo un momento di lancio entusiasmante, si è cominciato a fare i conti.
I conti non tornavano. Gli abbonamenti salivano, ma i conti degli streamer rimanevano in rosso.
Ma la produzione non poteva diminuire. A quel punto, che fare? Tagliare i costi. E nel taglio, ci sono andati di mezzo i creativi. Lasciati però in condizioni inaccettabili.
Da qui lo sciopero.
Non mi permetto ovviamente di fare previsioni sullo sciopero, anche se mi viene da dire che se pure la DGA, il sindacato dei registi, non trovasse un accordo con le piattaforme, Hollywood si bloccherebbe e un accordo sarebbe raggiunto. Se la DGA non scioperasse, temo che sarà grigia per gli sceneggiatori e che le major useranno qualsiasi scappatoia per non pagarli/pagarli poco (anche se mi sembra folle, perché questo renderebbe letteralmente non sostenibile il mestiere in quanto professione).
E anche se la WGA riuscisse a raggiungere un accordo e firmarlo, il problema della bolla scoppiata rimarrà: non ci sarà lavoro per tutti, semplicemente.
Gli show broadcast sembreranno improvvisamente di nuovo appetibili. Alcuni prestigiosi marchi della tv via cavo, secondo alcune previsioni, spariranno del tutto (AMC con 11 milioni di abbonati e Peacock con 21 milioni, per fare due esempi, potranno sopravvivere?), altre fusioni sono già state annunciate (Disney+ e Hulu su un’unica piattaforma, e FX è già finita su Hulu; Showtime è stata integrata in Paramount + - che ha avuto dei risultati del primo trimestre pessimo e ha tagliato il 25% dello staff, oltre ad avere chiuso MTV news -; il marchio HBO è stato “assorbito” nel nuovo servizio streaming di Warner Bros, Max). Ci sarà un assestamento della produzione, come è normale dopo ogni periodo di boom, e ci sarà meno lavoro. Riprendersi dall’ubriacatura sarà dura, ma bisognerà fare i conti col fatto che NON c’è posto per tutti gli sceneggiatori che sono riusciti a emergere durante l’ascesa degli streamer. Col mercato Europeo del cinema in salita del 70% ma non ancora ai livelli pre-pandemia, e in generale coi cinema sempre più disertati, con la crescita dei canali FAST, con il taglio della cable tv, con lo streaming che non pare essere una formula di business profittevole (ma forse le cose stanno cambiando)… cosa ci aspetta nel futuro dell’audiovisivo? Sicuramente l’epoca d’oro delle serie tv, la cosiddetta Peak TV, è terminata, e l’aria che tira è quella di produrre meno serie (che rimarranno comunque tantissime, e in ogni caso oltre alle produzioni originali ricordiamoci che restano le acquisizioni: il Sud Corea non sembra dare segni di rallentamento, in questo senso) e di concentrarsi maggiormente sui film anche da parte delle piattaforme.
E questo è quasi tutto. Quasi, perché vi ricordo che dal 19 maggio trovate in libreria e fumetteria MR. EVIDENCE 2 (di 8), “Il Quinto Uomo”, da Sergio Bonelli Editore! By Fabio Guaglione, Giovanni Timpano, Valentina Taddeo, Alessia Pastorello e dal Sinceramente Vostro. Come sempre, copertina fuori scala di Carmine di Giandomenico!