Ciao! Newsletter FIUME perché ho tantissime cose di cui parlarvi!
ANNECY
E si è conclusa anche questa Annecy 2023, che per me significa il MIFA, ovvero il market annesso dove si vendono e si discutono progetti, e professionisti internazionali tengono conferenze sugli elementi chiave del mercato. La seconda volta per me, e come la prima torno frastornato e deliziato.
Perché:
- appena esci dall’Italia il fatto di essere un creativo viene tenuto in grande considerazione. Certo, si guarda il tuo curriculum, ma in generale il rispetto e l’interesse sono altissimi. E se hai fatto più cose (nel mio caso quando dico che ho scritto romanzi e bandes dessinées) questo fa salire l’attenzione, non è come da queste parti in cui ti guardano come se avessi detto che ti piace giocare con la cacca (una nota importantissima che mi è rimasta in testa: la straordinaria Julie Ann Crommett che in un incontro su diversity e inclusion ha fatto notare come nell’entertainment il management deve cominciare a distinguere tra esperienza - se fai una cosa da vent’anni non significa che sai farla BENE - e competenza, e che si dovrebbe dare più importanza alla seconda).
Se vi sembro Stanis, amen. Ho pitchato progetti a case di produzione ENORMI che mi hanno fissato un appuntamento senza battere ciglio e senza chiedere di chi ero amico (ok, non sono proprio un esordiente, a livello di curriculum, ma nonetheless).
- ci sono molte meno (quasi zero) menate “glocal”. Progetti con coproduzioni dai paesi più disparati e team creativi da ogni parte del mondo. Puoi stare a Rho e lavorare con Parigi e Tokyo ed è una cosa normalissima (#truestory).
- il clima generale. Parto dal presupposto che gli animatori non diventano mai famosi se non nella cerchia degli animatori stessi. La mia domanda chiave per dimostrarlo è “Chi è il regista di Spider-Man: Into the Spider-Verse?”, film enorme e visto da tutti (vale anche per il sequel appena uscito).
Nessuno solitamente sa rispondere (spoiler: i registi sono tre, e i tre registi del secondo film non sono gli stessi del primo). La mancanza di uno star system, secondo me (forse ci sono altre ragioni e posso sbagliare, ovviamente: a me pare sia così) implica che in questo mondo trovi solo persone … non saprei come dire, molto più “rilassate” rispetto al live action (cinema e tv), persone che vogliono solo RACCONTARE BELLE STORIE.
La contraddizione meravigliosa dell’animazione è che gli autori ci mettono tantissimo del loro nelle proprie creazioni, ma che di fatto non ci sia “ego”, almeno non nel senso di selfbranding che qualsiasi stronz* incapace di fare alcunché ma con un cellulare e vari social a disposizione cerca disperatamente. Just doing the job, e farlo bene. Personalmente è il mio ambiente ideale, e spero di frequentarlo sempre di più e anche quasi esclusivamente.
Venite ad Annecy, e se investite quel minimo per avere un badge per il MIFA (il market collegato al festival), anche se non avete progetti da proporre, anche solo seguire tutte le conferenze che fotografano il mercato sarà un momento di formazione IMPAGABILE. E dato che qualcuno di voi magari non ha potuto esserci, eccovi una robusta, interessantissima e impagabile presentazione gratuita sullo stato dell’animazione in Francia. E questa era UNA delle conferenze. Immaginatevi 5 giorni a farvi aggiornamento full time (il vero problema è che molte conferenze interessanti hanno luogo nello stesso momento. Se andate con un* amic*, dividetevi i compiti e poi passatevi gli appunti).
Il che mi porta a una domanda:
FUMETTI, #COMICSBROKEME, COSA VUOI FARE DA GRANDE
”Sarà che sono il primo ad aver firmato un paio di contratti che mi fanno venire voglia di chiudermi le palle in un cassetto, ripetutamente”: questa è una quote dalla newsletter di Davide Costa (iscrivetevi!), in cui si affronta l’argomento #comicsbrokeme (sostanzialmente storie di fregature e povertà dal mondo dei comics, cercate su Twitter). Se volete passate prima da lui prima e poi tornate qui, ma sostanzialmente:
- io sono molto più tranchant di Davide sull’argomento contratti: se non li sai leggere e se firmi condizioni svantaggiose, sono cazzi tuoi. I contratti si leggono e si capiscono. E si propongono modifiche se ci sono clausole inaccettabili (almeno per voi). E se le modifiche non vengono accettate, soprattutto quelle che per voi sono deal breaker, ricordatevi la grande lezione di Todd McFarlane quando cominciò a frequentare Hollywood: a volte la mossa più giusta è alzarsi dal tavolo e dire NO.
- questo mi riporta a un argomento che ho affrontato ad Annecy con alcuni miei ex-studenti: che percorso compiere con la vostra carriera da freelance.
Ovviamente è una scelta che potete fare solo voi, ma c’è una sfumatura che tanto sfumatura non è, perché ha implicazioni gigantesche. Nello specifico si è parlato della differenza tra 1) lavorare in un settore creativo e 2) creare IP/portare le proprie storie nel mondo.
Ecco, forse non è chiaro a chi è a inizio carriera, ma… sono due “mestieri” completamente diversi che richiedono approcci totalmente diversi.
1) se vuoi campare in un settore, decidi di prenderti i lavori meglio pagati perché devi vivere. Affitto, bollette, cibo, ecc. Te li paghi col tuo lavoro creativo e sei alla costante ricerca della remunerazione migliore, ovviamente cercando al contempo di soddisfare la condizione che siano lavori soddisfacenti da un punto di vista artistico.
2) se vuoi piazzare IP… Prima di tutto devi trovarti un lavoro, QUALSIASI lavoro: se è nel settore creativo, BENE, MA non significa che magicamente quel settore ti ascolterà e potrai piazzare le tue idee originali: e quindi trova un modo per campare qualsiasi (affitto, bollette, cibo, ecc.) perché all’inizio nessuno vorrà le tue idee o te le pagherà in sacchi di riso. E visto che ad Annecy si parlava di animazione, lanciare un IP partendo dalla forma audiovideo… è quasi impossibile, se si è esordienti.
Animazione, cinema e tv sono tutti media capital intensive.
In soldoni, è troppo costoso e quindi rischioso per chiunque (se non sei un autore affermato, e a volte anche in quei casi) lanciare una nuova IP in quella forma. Fumetti e romanzi sono la forma più economica per lanciare un IP e oggi direi anche che si può creare un audioserie e metterla su tutte le piattaforme per dimostrare che si sa scrivere e si sa organizzare una pipeline lavorativa.
Se vuoi fare fumetti puoi autoprodurti o provarci direttamente con WebToon (o altra piattaforma).
Però… l’editoria libraria, almeno alta, ha paletti all’ingresso abbastanza alti.
I fumetti, invece NO.
A tutt’oggi sono “democratici”, praticamente chiunque se è capace può esordire nel settore con un graphic novel, per dire. Quindi se l’opzione 2 è quella che volete percorrere… potete anche sacrificare come “pedone” un graphic novel pagato di merda (MA decentemente distribuito, non per le “case editrici tipografia”) per avere un “esordio ufficiale” (MA comunque non vi fate fregare sui contratti, ad es. sui diritti audiovideo. Sono VOSTRI, anche se la casa editrice dice di avere una sezione dedicata alla vendita dei medesimi). Con il badge di “pro” appuntato sul petto, dal secondo lavoro, le cose cominciano a cambiare.
THE FLASH
Ho avuto il privilegio di essere invitato a parlare al talk Arcadia Visions che si è tenuto sabato 17 e di poter assistere al film di Muschietti. Non la farò lunga: questo film è un magnifico pasticcio.
SPOILER DA QUI IN POI
SPOILER
HO DETTO SPOILER
ARRANGIATEVI
- Un film incredibile. Un primo atto su Flash (con tanto Batman), un secondo atto che è un remake sintetico del primo Superman (ma con Batman, che però è un altro Batman) e un terzo atto che torna su Flash.
- Un modo per raccontare una origin story di un personaggio che non l’ha avuta e di far sì che faccia da mentore a sé stesso. Per altro è la prima volta che al cinema vediamo un “what if?” che risponde alla domanda “Cosa sarebbe successo all’eroe senza trauma originario?” →
SPOILER NELLO SPOILER:
diventa un coglione.
- Una serie di citazioni non solo da film e da serie tv realizzate in passato, ma anche da film NON realizzati.
- Un umorismo non fastidioso, e un gioco con i fumetti originali che hanno ispirato la pellicola in cui sembra sempre che il film diventi Flashpoint (per chi ha letto l’evento DC) e invece no.
- Un tema RILEVANTISSIMO al giorno d’oggi: l’idea di cancellare il trauma perché fa paura. Anche solo vederlo rappresentato. Mi è capitato di leggere richieste di lettori di “non far succedere cose brutte ai personaggi”, recentemente. Mi è capitato di leggere su dating app frasi come “Ho paura che le cose possano andare male perché poi soffrirei”.
Questo desiderio di annullare il trauma, di non volerne avere nemmeno consapevolezza, è un atteggiamento che mi pare molto diffuso, ed è cross generazionale (da GenX a Millenial a GenZ). Inutile dire che è pericoloso, come se davvero si potesse espungere il dolore dalla propria esistenza. Qui Flash ci dice che esiste una necessità del dolore per “diventare grandi”. E in un periodo di entertainment molto brainless, non mi pare poco.
Insomma, i giochi metalinguistici sono talmente fitti che non so se il pubblico medio si potrà godere davvero il film. O forse sì, perché a livello tematico dice una cosa davvero importante e direi necessaria, e come scritto sopra, non è scontato in un blockbuster di questo tipo.
Basta, ho davvero sbrodolato. Nella prossima puntata forse vi spiegherò la citazione dal titolo (è da una serie Disney che arriva in un autunno e che contiene una scena che mi ha PIEGATO dal ridere), ma per ora basta.
Alla prossima!