Welcome back!
Ho visto qualche nuovo arrivo a causa del mio scocciatissimo articolo su AI e creatività, e spero di non deludere se non leggerete subito la parte 2 incautamente promessa, in quanto preceduta da questa newsletter-pillola che parla d’altro.
Why? Perché ho letto diversi interventi sul successo nella serialità odierna delle piattaforme della Dad TV, e facendo trecento salti logici, mi sono detto: “Certo, perché Tex vince sempre (in tutti i sensi).”
Non fate quella faccia, non sono impazzito (non del tutto).
Quando tempo fa vi parlai di Jack Reacher, una delle cose che avevo notato ma che avrebbero aperto una parentesi troppo grande se inserite nella mia analisi è… la fortissima somiglianza del personaggio di Lee Child con Tex.
Escludendo il fatto che Reacher si fa molto male, Jack è come Tex: capisce “a naso” chi è buono e chi è cattivo prima ancora di avere le prove, ed è l’alleato definitivo, dato che come Tex non gli interessa il tuo genere, il tuo orientamento sessuale, la tua etnia… l’unica distinzione è “sei una brava persona/sei una merda/hai fatto cazzate ma puoi redimerti”. Non so come mai l’appeal dell’uomo bianco adulto con una pistola e super-alleato piaccia così tanto (ci vorrebbe uno studio sociologico sull’uomo occidentale bianco etero cis dal dopoguerra a oggi, forse), ma è un tipo di character che funziona sempre, a prescindere dai trend. Anzi, forse è l’archetipo for all seasons soprattutto quando i trend non sono chiarissimi.
Un archetipo che è al centro, appunto, della cosiddetta Dad TV (tendenza al momento dominata da Prime Video, e agevolo l’immagine sottostante per darvi un’idea).
Ma perché si chiama “Dad TV”? “Non vuol dire che questi programmi sono solo per i papà. Quello che si vuole dire è che questi programmi sono stati sviluppati dalla prospettiva e si sono concentrati su ciò che piace ai papà. Sono stati configurati per attrarre gli uomini di mezza età, e gli uomini di mezza età sono spesso padri.” Spesso, appunto, non sempre. E lo stesso articolo aggiunge un’importante caratteristica di questi personaggi: “sono spesso solitari. Hanno problemi a legarsi alle persone. E i conflitti principali della serie riguardano il loro sentirsi responsabili per gli altri e la loro capacità di gestirli. Si tratta anche di generi che gli uomini trovano attraenti, come il western o l'azione. Poi c'è spesso una componente in cui c'è molto cameratismo maschile. Hanno un team con cui magari lavorano.” Oh, il western. Come Tex. ‘nuff said!
Quindi cosa è successo? Cosa è cambiato? “A un certo punto un tipo cerca un intrattenimento che non rifletta gli aspetti peggiori della specie maschile, ma i migliori. Qualcosa che sia aspirazionale. Vuoi guardare gli uomini che incarnano il meglio di te stesso. E ciò che si spera di far emergere di più.”, come viene detto in questo articolo dove si cita anche la toxic masculinity. Ecco, se dopo anni in cui gli unici modi di rappresentare la figura del “padre” (inteso come uomo bianco adulto, ma anche appunto come “padre di famiglia”) è stata o come buffone super patriarcale che rappresentava un ruolo obsoleto e ormai vuoto (da Homer Simpson a Peter Griffin) o come antieroe senza possibilità di redenzione (da Tony Soprano a Vic Mackey a Walter White a Don Draper), gli eroi della Dad TV di toxic masculinity hanno pochissimi residui (spero che non dobbiamo mettere il senso di giustizia tra questi): non c’è verso che ci siano comportamenti patriarcali nè nessun atteggiamento improprio verso il femminile (ricordiamo la totale professionalità di Reacher che NON va a letto con la sua subordinata anche se questa gli dice esplicitamente di essere attratta da lui: perché semplicemente NON è corretto, non è giusto, e non si fa. Fine). Si cerca di fare giustizia aiutando chi non la può ottenere da sol*, e poi via, a cavallo o a piedi. Così Tex, così Jack Reacher. E così tanti altri eroi di tante serie della Dad Tv.
Certo, forse della toxic masculinity è rimasta la soppressione delle emozioni (che permette però di scrivere one-liner fighissimi), ma siamo proprio da tutt’altra parte rispetto agli antieroi con due personalità (fino ad avere due nomi come Walter White/Eisenberg, Don Draper/Dick Whitman) della Golden Age della serialità. Questi eroi invece non sono scissi, sono “white men with a gun” tutti di un pezzo: una tendenza che è anche al centro delle ricerche di concept di nuove serie da parte delle piattaforme (come viene sottolineato anche dalla puntata del podcast di The Ankler dedicato all’argomento).
Quindi, se avevate in canna una serie tv o una serie di romanzi o a fumetti (o un gioco di ruolo/da tavolo/di carte? La parte narrative ve la faccio io, talmente sono gasato da questo trend) in cui avete il vostro take speciale su un protagonista solitario, che parla poco, mena molto, porta giustizia in modo disinteressato ed è l’alleato perfetto di ogni minoranza (come lo sono questo tipo di eroi dai tempi di Tex, che vi ricordo parlò della pari dignità tra nativi americani e bianchi PRIMA che lo facesse il cinema hollywodiano), è il momento giusto.